19 May 2024

Tamburi Investment Partners: non siamo preoccupati per Alpitour, anzi…

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Il presidente e a.d. di Tip, Giovanni Tamburi

Usa toni rassicuranti la merchant bank Tamburi investment partners (Tip) nel descrivere il momento attuale della controllata Alpitour. Il gruppo torinese è stato l’unico vero crollo registrato dall’investitore, si legge nella relazione finanziaria annuale per l’esercizio 2020 da sottoporre all’assemblea degli azionisti di fine aprile, ma “di questo non siamo preoccupati, anzi”.

I numeri della merchant bank hanno in effetti subito il contraccolpo delle crisi pandemica, riuscendo tuttavia a limitare almeno in parte gli inevitabili danni di una crisi senza precedenti. Tip, in particolare, ha chiuso l’anno con utile pro forma di circa 35 milioni di euro (contro i quasi 100 milioni del 2019) e un patrimonio netto di oltre 1.068 milioni, in crescita di circa 166 milioni rispetto al 31 dicembre dell’anno scorso.

“Al momento attuale, con il progressivo diffondersi dei vaccini  – prosegue il documento – si vede con chiarezza la fine del tunnel (il testo è stato scritto prima della sospensione della campagna con AstraZeneca, ndr), anche se non è ancora agevole misurare con ragionevole serenità la distanza da coprire e i tempi connessi”.

Nel 2020 Tip ha registrato, tra le proprie partecipate e a esclusione di Alpitour, sostanzialmente tre tipi di reazioni: le più specializzate in aree specifiche, segnatamente servizi It e per la finanza come Sesa, Be e Welcome, hanno sensibilmente migliorato i risultati del 2019, superando ogni precedente record; le industriali nel senso più proprio della parola, cioè Prysmian, Interpump, Azimut Benetti, Elica, Beta e Chiorino, oltre ad Amplifon, Moncler e Roche Bobois, hanno perso un po’ di fatturato e un po’ di margini. Hanno invece sofferto di più Ovs ed Eataly, a causa delle chiusure dei punti vendita che sono in parte ancora in corso, pur riuscendo a ottenere risultati definiti dai Tip più che soddisfacenti, considerato il contesto che stiamo vivendo.

Le ombre sul futuro non sono tuttavia completamente diradate: “I tempi per la definitiva normalizzazione restano incerti – sottolinea infatti il documento -.  Ma il vero interrogativo da porsi è quale e come sarà la futura normalizzazione: abitudini evolute ma in qualche caso stravolte, atteggiamenti sui consumi e sugli investimenti ancora tutti da comprendere e, ancor più, gli impatti delle stesse sui conti delle aziende, in ogni angolo del pianeta. In parallelo, di recente, molti economisti e banche hanno riacceso l’attenzione sugli incrementi ipotizzabili dell’inflazione; fino a poche settimane fa da rincorrere e stimolare, oggi tra i maggiori timori. Inoltre materie prime e costi dei trasporti, con sensibili conseguenze sulla logistica delle imprese, stanno avendo incrementi imprevisti quanto rilevanti, inserendo cosi ulteriori elementi di rischio e di incertezza. I budget 2021 delle aziende, sia partecipate sia potenziali target, sono quindi tutti ancora avvolti da molte incertezze e ancor più i piani pluriennali, per cui provare a ipotizzare scenari o addirittura programmi specifici è a dir poco azzardato”.

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