23 December 2025

I tre dubbi sul nuovo Piano strategico del turismo presentato ieri in cdm

Il ministro del turismo Daniela Santanchè

Governance, innovazione, qualità e inclusione, formazione e carriere professionali turistiche, sostenibilità. Sono i cinque pilastri strategici del nuovo Piano strategico del turismo (Pst), presentato ieri in occasione del consiglio dei ministri che ha approvato anche il disegno di legge per una nuova disciplina della professione di guida turistica, nonché il decreto legislativo in materia di concessioni balneari.

Inerente al periodo 2023-2027, il Pst prova a delineare “una politica basata su un rapporto sinergico tra ministero, regioni e portatori d’interesse, al fine di favorire l’incremento dell’occupazione e l’impatto sul Pil in termini strutturali”, si legge nella nota ufficiale. Mira inoltre a formalizzare “la visione industriale del settore, basata su obiettivi, cronoprogramma e misurazione dei risultati”. Tre, in particolare, gli elementi fondamentali attorno a cui ruota il documento: “Il ruolo delle regioni, nell’ambito di un modello permanente e condiviso di governance e monitoraggio Stato-regioni; il ruolo del Tourism Digital Hub, ossia della piattaforma web multicanale dedicata alla gestione integrata e unitaria di tutta l’offerta turistico-ricettiva nazionale; il ruolo della comunicazione, in un’ottica partecipativa e condivisa con i portatori d’interesse. Sarà anche attivato un sistema di ascolto dei territori per raccogliere le progettualità che provengono dalle realtà locali”.

Un piano ambizioso, insomma, che la stessa ministra Daniela Santanché non ha esitato a definire, probabilmente con un eccesso di prosopopea comunicativa, “una vera e propria rivoluzione nel turismo”. A una prima impressione, l’intera impostazione ci pare infatti presentare almeno tre elementi di profonda criticità. Da una parte, a livello strutturale, si parla di collaborazione stato-regioni. Assolutamente necessaria nel contesto dell’attuale titolo V della nostra Costituzione, che assegna alle stesse regioni la competenza esclusiva in materia. Ma quanto volte abbiamo sentito ministri, governanti locali e rappresentanti vari di istituzioni ed enti spergiurare sulla volontà di cooperare insieme per il bene comune del turismo italiano? Con risultati finali che quasi mai si sono peraltro neppure avvicinati alle promesse iniziali.

Il secondo punto riguarda le risorse. In linea generale, l’impostazione del piano è pienamente condivisibile. In fondo si parla di governance, innovazione, qualità e inclusione, formazione, sostenibilità… Come non essere d’accordo? Ma tutte queste belle idee vanno poi tradotte in azioni concrete. Con quali fondi? E come ottimizzare l’allocazione delle risorse tra governo centrale ed enti locali? Ancora una volta riappare la questione, irrisolta e a nostro parere irrisolvibile senza una rivoluzione copernicana, dei rapporti tra Stato e regioni in materia turistica.

Infine, terza ma non ultima, c’è una questione di opportunità politica. Con la presentazione del Piano strategico, la ministra Santanché indica chiaramente un orizzonte di lungo periodo: il tempo necessario a costruire un progetto che certo non può esaurirsi nell’arco di pochi mesi. Eppure, la stessa ministra è da qualche settimana al centro di una serie di polemiche che riguardano questioni aperte relative alla sua attività imprenditoriale… Ecco allora che, stando ad alcune fonti di stampa, l’annuncio del nuovo piano avrebbe colto un po’ di sorpresa persino la premier Giorgia Meloni. A gelare, almeno in parte, il governo sarebbe proprio quell’orizzonte lungo che la Santanché si sarebbe già assegnata, almeno a livello comunicativo.

di Massimiliano Sarti

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