28 March 2024

Hotel contro Ota: «Lasciateci liberi di decidere tra rimborsi e voucher».

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GIOVANNA MANZI BEST WESTERN ITALIA

Prosegue la polemica tra gli hotelier e le principali agenzie online. Ragione del contendere la presa di posizione unilaterale di molte Ota, che hanno imposto agli alberghi il rimborso totale delle prenotazioni effettuate sui propri portali e cancellate a causa dell’emergenza coronavirus. E ciò, persino nel caso in cui le strutture ricettive si erano già messe d’accordo con i clienti per una riprotezione sotto forma di voucher. Una mossa, quella delle Ota, che ha evidentemente eroso ulteriormente la liquidità degli hotel, già messi a durissima prova dal crollo senza precedenti dei flussi turistici.

«Abbiamo provato a interloquire con loro – ha raccontato, durante un incontro online organizzato da The Data Appeal Company, la ceo di Best Western Italia, Giovanna Manzi -. Ben presto, però, siamo giunti a un punto morto. Alcune Ota hanno almeno ravvicinato un po’ le scadenze per la richiesta dei rimborsi, ma non siamo riusciti ad andare oltre pochissime concessioni». Da qui la decisione di capire insieme ai legali della compagnia la legittimità di prese di posizioni tanto rigide: una delle clausole del contratto standard con le Ota stabilisce in particolare che “Quando si effettua una prenotazione tramite le piattaforme, viene posto in essere un legame diretto (e, di conseguenza, un rapporto legale) esclusivamente tra la struttura ricettiva e l’ospite (di seguito prenotazione dell’ospite)”.

«Alle nostre obiezioni in tema di rimborsi – ha quindi proseguito Giovanna Manzi – soprattutto Booking.com ha spesso risposto che le clausole contrattuali, il cui foro competente è quello di Amsterdam (dove ha sede la Ota, ndr), prevalgono sulla legislazione italiana. In realtà, però, è lo stesso contratto a ribadire come, una vola effettuata la prenotazione, si stabilisca una relazione diretta tra hotel e ospite. Le norme contrattuali, che regolano i rapporti tra agenzia online e alberghi, non dovrebbero quindi essere neppure considerate. Non solo: se fosse come sostiene Booking.com, non si capisce come mai, dal momento in cui il legislatore italiano ha qualche anno fa vietato le clausole sulla parity rate, sia effettivamente scomparso ogni seppur minimo riferimento alla parità tariffaria nei contratti siglati dopo l’entrata in vigore di tale normativa. Ecco quindi che agli albergatori dovrebbe essere lasciata la libertà di applicare i contenuti del decreto Cura Italia: la norma che riserva appunto agli operatori turistici, compresi gli hotel, la decisione sulla modalità di rimborso delle prenotazioni cancellate causa coronavirus: se tramite voucher o restituzione piena delle somme già ricevute».

Che fare allora? Non lasciare la presa, ma continuare a trattare perché ci sono chiari margini di negoziazione, ha quindi suggerito ancora Giovanna Manzi. Ma c’è anche chi si spinge più in là. Come il vicepresidente di Federalberghi Milano, Luigino Poli, che suggerisce un’azione forte del comparto: «Per esempio ritirando la disponibilità delle proprie camere sulle Ota per l’intero 2020. Se lo facessimo tutti assieme, potremmo sederci al tavolo delle trattative con più forza. E questo è paradossalmente un momento favorevole, visto che i flussi di prenotazione sono per ovvi motivi completamente interrotti. L’idea è quella non solo di ridiscutere la questione dei rimborsi, ma magari di agire anche sulla questione commissione che non di rato superano addirittura la soglia del 20%».

Certo non mancano le difficoltà. Come sempre, verrebbe da dire nel mondo del turismo, uno dei problemi principali riguarda l’assenza di una voce unica che possa parlare per l’intero comparto: «Un paio di giorni fa è uscita una lettera di Confindustria Alberghi alle Ota, i cui contenuti sono senz’altro condivisibili – ha osservato il vicepresidente di Federalberghi Veneto, Massimiliano Schiavon -. Non mi stupirei se a breve facesse lo stesso la mia associazione, così come Assohotel, e poi magari Fto, Fiavet e così via discorrendo. Ma procedere in ordine sparso ci rende solo più deboli. La mia speranza è quella che si crei un’associazione sindacale di categoria unica, in grado di rappresentarci unitariamente. Perché questo è un momento di rinegoziazione importante, non solo con le Ota, ma anche sul contratto nazionale (ccnl) e con il governo».

Sulla questione agenzie online, la posizione di Schiavon è poi se possibile ancora più tranchant: «Basta pensare alle Ota come a dei partner. Non lo sono. Per loro contano solo i clienti finali e noi siamo semplicemente la loro merce sugli scaffali. Ecco perché è così importante iniziare a trattare ora. E se non ci ascolteranno dovremo andare a parlare direttamente con gli ospiti, tramite un piano di comunicazione univoco e ben fatto. Serve uno sforzo comune e su tutti i fronti. Perché solo in questo modo la nostra voce potrà arrivare a questi colossi».

«In queste settimane particolarmente delicate, io non ho ricevuto alcuna telefonata di sollecito da nessuno dei miei fornitori. Solo Booking ha preteso tutto e subito – ha infine rincarato Giancarlo Carniani, presidente della sezione alberghiera di Confindustria Firenze -. È venuto il momento di rinegoziare su tutti i punti. Compresi quelli riguardanti la promozione che le Ota fanno sul web con i nostri nomi. Dobbiamo imparare a proteggere i nostri marchi, prendendo esempio, tra gli altri, da quanto hanno fatto in un recente passato i grandi brand del lusso».

 

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